Wherein we are water (2012) - BitBazar/Epsilon Indi

Prodotto da: Epsilon Indi, Massimiliano Nevi, Franz Andreani
Tracklist:

Ottavo disco ufficiale degli Epsilon Indi, pubblicato su CD.

1. Dawn (De Vito, Leoni, Romagnoli) ''6:08

2. La Fenice (De Vito, Bertugno) ''4:35

3. Shine (De Vito, Romagnoli, Bertugno) ''4:37

4. Clouds and Other Things (De Vito, Bruno) ''4:16

5. Just a Game (De Vito, Romagnoli) ''3:44

6. Rainy Day (De Vito, Bertugno, Romagnoli) ''4:43

7. Unreal (De Vito, Romagnoli) ''3:55

8. Blinking Hands (De Vito, Leoni) ''6:45

9. We Were Water (De Vito, Bertugno, Romagnoli) ''3:48

10. Ocean Lullaby (De Vito, Leoni) ''8:05

11. Blurred Soul (De Vito, Bruno) ''4:42

12. The Rainbow's End (De Vito, Bertugno, Romagnoli, Bruno) ''6:15


Musicisti:

Sergio De Vito: Piano, Tastiere, Sampling, Drums Programming, String Arrangments
Tonino Leoni: Basso, Chitarra Acustica
Simone Bertugno: Chitarra Elettrica, String Arrangments
Sandro Bruno: Chitarra Elettrica, Voce
Giulio Caneponi: Batteria e Percussioni
Alex Romagnoli: Voce
Isabella Branco: Violoncello
Elena De Stabile: Violino




Registrato: Epsilon Studio e nel garage di Caneponi (2010) eccetto ''Blinking Heands'' e ''Blurred Soul'' registrate negli Epsilon Studios tempo prima.
Mixato da: Massimiliano Nevi assistito da Sergio De Vito, eccetto ''Blinking Heands'' e ''Blurred Soul'' mixate da Franco Patimo assistito da Sergio De Vito e Franz Andreani.
Foto: Annarita Corsi
Artwork: Giulia Donnini
Supervisore Album: Rita Giancalone




Descrizione:



L’ottavo lavoro degli Epsilon Indi, su etichetta BitBazar distribuito da Audioglobe, è dunque nei negozi di dischi e nelle librerie Feltrinellli, oltre che presso i più attivi distributori online come Amazon.it Ibs e iTunes.

L’elemento attorno al quale è costituito “Wherein We Are Water” è l’acqua, così attuale anche nei suoi risvolti geopolitici. L'acqua non ha forma, ma assume la forma di ciò che la contiene; questo aspetto le conferisce libertà di azione o meglio libertà di essere: non ne cambia la natura, in quanto la sua essenza rimane intatta pur cambiando fisionomia. L’acqua, poi, fluisce in superficie come in profondità, non si arresta mai. Questo le conferisce potenza, nel suo duplice aspetto: può essere l'onda che travolge come la goccia che corrode la roccia, cosicché la sua energia può essere espressa sia nell'agire che nel perseverare. Nelle “pieghe” dell’album troviamo questa stessa adattabilità. Musicalmente ci troviamo infatti davanti ad un lavoro fluido, pieno di chiaroscuri e di colpi di scena. Le canzoni hanno la loro libertà di azione mutando stile lungo tutto il disco. Oltretutto - novità significativa per il gruppo - i testi sono in inglese, strumento al servizio delle linee melodiche e ritmiche. E sono proprio questi gli elementi sui quali anche dal vivo viene posta la maggiore attenzione, più che in passato quando il loro live era caratterizzato dalla forma "concerto-spettacolo".

In questo lavoro i colori musicali di riferimento per le nuove composizioni di Epsilon Indi potrebbero essere collocati tra Brian Eno e The Cure passando per Rachel Unthank e Divine Comedy, ma qualcuno potrebbe ritrovarvi gli stravaganti e ricchissimi arrangiamenti di Sufjan Stevens. Questo lavoro risulta così pieno di sfaccettature e riflessi che collocarlo in un genere sarebbe forse forviante: la musica ed il linguaggio per immagini degli Epsilon Indi sono semplicemente la musica ed i segni del nostro tempo, amati, digeriti, assimilati e rielaborati a tal punto da diventare altro.

Conclusione: In conclusione dire “Dove Noi Siamo Acqua” rappresenta dove noi ci sentiamo, dove ci riconosciamo come l'acqua nel nostro intimo, come e quando ci esprimiamo come l'acqua nella nostra vita.




I Brani:

Il disco si apre con ''Dawn'' manifesto dell'intero lavoro, un brano che parte in un atmosfera un po' cupa che si dissolve grazie al crescendo finale, aprendo la strada alla strumentale ''La Fenice'', dalla melodia accattivante, immersa in un situazione di semplice schiettezza, forse è un pezzo fuori dal coro in questo disco, ma non essere prevedibili è da sempre una peculiarità degli Epsilon Indi.

"Shine" è il primo singolo estratto da ''Wherein We Are Water'', supportato dal video realizzato dagli stessi Epsilon Indi, incentrato sul tormentato volto di uno dei loro cantanti Alex Romagnoli la voce di quasi tutti i brani di questo lavoro.

''Clouds and Other Things'' è un brano lento e contorto, un pezzo che sembra non finire mai non avendo una struttura – a prima vista – ben definita. La voce di Alessandro Bruno si intreccia con le complicate armonie di pianoforte ed archi costruite da Sergio De Vito.

L'atmosfera si fa rarefatta con ''Just a Game'' dove spicca l'accesa ritmica di Giulio Caneponi. Il brano volge al termine con un cambio di situazione tipico della formazione romana e prepara alla marziale andatura che contraddistingue ''Rainy Day''. Le lunghe liriche di Simome Bertugno vengono interpretate quasi ''teatralmente'' dalla sua voce profonda.

Ancora un cambio di atmosfera per far spazio ad un brano leggero, quasi evanescente come ''Unreal''. Il brano si presta felicemente alle fantasticherie divertite della band.

Giungiamo così al secondo episodio strumentale del lavoro ''Blinking Hands'', un brano piuttosto lungo che ci porta su territori esplorati dagli Epsilon in passato. La parte centrale, con il dialogo tra le mani e il basso di Antonio Leoni, ci culla sulla superficie di quell'acqua che viene evocata in tutto il lavoro. Si nota anche la presenza alle tastiere di un componente storico della band: Armando Rossetti.

''We are Water'' è il brano che da il titolo all'album, una ballata struggente e romantica, semplice nella sua elaborata delicatezza: e' il brano che prepara il finale, tutto in crescendo, del disco.

Il trittico conclusivo si apre con un terzo strumentale ''Ocean Lullaby'', lungo, tormentato, pieno di cambi e di colpi di scena, un brano che potrebbe essere l'ideale colonna sonora per un racconto teatrale o una piece' di danza. Qui la vicinanza quasi trentennale tra Antonio Leoni e Sergio De Vito da un esempio di come un brano possa evolversi in maniera impalpabile.

Arriva quel fulmine a ciel sereno che è ''Blurred Soul'', una scossa di energia, oltre ad un esperimento compiuto mettendo le parole al ''frullatore'' da Alessandro Bruno, il tutto è magistralmente sostenuto dalla ritmica incalzante di Antonio Leoni al basso e di Giulio Caneponi alla batteria: questo brano secco e duro ci traghetta verso il finale ''The Rainbow's End'' in un crescendo emozionale struggente e tragico che non poteva che essere affidato alla voce di Alex Romagnoli.

Il cerchio si chiude dopo un'ora di ascolto serrato.




Recensioni:


“Wherein We Are Water” avvolge in spire delicate con le sue dodici composizioni in cinemascope, Musica da ascoltare ma anche da vedere: non è un caso che il sestetto continui a sonorizzare spettacoli di danza e documentari, film per il cinema e corti. L'acqua è il tema portante dell'album: non comprimibile, è allo stesso tempo fonte di vita e morte; può essere la goccia che scava la pietra o la forza distruttiva dello tsunami così come l'onda che culla e porta il sonno. E' un suono liquido quello che pervade questa dozzina di brani, che si trasformano in altrettanti cortometraggi dall'ampio morbido respiro. Colonna sonora di un'ideale vita interiore espressa per immagini ed emozioni, “Wherein We Are Water” asseconda gli umori mutevoli con gesti larghi, lenti, maestosi... è bello sognare a occhi aperti ogni tanto.''

Laura Albergante, AUDIOREVIEW, Settembre 2012




....Tra le loro influenze si annoverano il post-punk più avvolgente, il prog meno pomposo e la classica/cameristica oltre a sprazzi di sperimentazione e persino world, il tutto calato in contesti capaci di esaltare tanto le melodie e le atmosfere quanto la grazia e il gusto nell'imbastire trame complesse e raffinate: la prova è nei dodici episodi di “Wherein We Are Water”, che per oltre un'ora offrono viaggi onirici di grande fluidità e forza emotiva...

IL MUCCHIO - fuori dal mucchio, Settembre 2012




...l'acqua è sinonimo di purezza, di linfa rigeneratrice e dono divino, aspetti che si presume abbiano parlato all'ispirazione degli autori, tutto almeno concorre a farlo credere. Potremmo ansi dire che “Wherein We Are Water” ne costituisce il logico riflesso creativo, un lago di luce incantata dove a specchiarsi è la bellezza delle idee, ancor prima delle forme, di un dettato musicale che si snoda a immagine e somiglianza di una rock-opera moderna e leggendaria allo stesso tempo. Materia viva che scorre, fluttua, pulsa ed sonda tra dedali di sonorità ieratiche e stranianti, tra aliti di armonie sospese e fragorose burrasche elettriche, tra correnti torrenziali e brume di accordi sottocutanei. Un balletto di note, visioni ed emozioni che si perfeziona al suono di mantra canori profondi come il respiro delle onde.

Aldo Chimenti, ROCKERILLA, Settembre 2012




...con l’ottavo disco di una lunga carriera che si è sempre sviluppata lungo binar che portano ad una musicalità raffinata, arricchito da arrangiamenti mai banali al servizio di melodie di dara bellezza. [...] Le atmosfrere rarefatte denotano l’accuratezza compositiva degli Epsilon Indi che affonda le sue radici nella musica inglese degli anni ’89 [...] di rara epica poesia sono gli strumentali...

Andrea Trevaini, BUSCADERO, Ottobre 2012




Tredici anni dopo... Epsilon Indi è un progetto nato nel 1987 dalle menti romane di un gruppo di musicisti e di una compagnia di teatro-danza e che ad oggi conta innumerevoli dischi, spettacoli, documentari e colonne sonore nel proprio curriculum. Questo ottavo album in studio entra nel DNA degli esseri umani e ne riscopre la base materica, ovvero l'acqua. Poiché i nostri corpi sono composti da H2O per il 70% non poteva esserci titolo migliore per celebrare siffatto elemento naturale. La sperimentazione è la chiave di lettura dell'LP, il primo dopo tredici anni di silenzio dell'ensemble. Archi, pianoforte, voci maschili che ricordano la modulazione di Brendan Perry (Dead Can Dance): nulla potrebbe essere più diretto al sublime e alla contemplazione.[...] Non ci sono storie: gli Epsilon Indi fanno recuperare alla scena musicale alternativa italiana un sacco di punti persi a causa di band dall'incredibile banalità e mancanza di buone idee. Certo, taluni potrebbero accusarli di essere eccessivamente di nicchia, ma in quello che fanno sono ineccepibili. Provateli!

LOUDVISION.it, novembre 2012




...“Wherein We Are Water” dimostra che quando si è in presenza di musicisti professionisti che amano la musica più della “professione”, l’emotività non viene asservita al virtuosismo, anzi questo si dilegua. Il merito di ciò che ascoltiamo è anche della cura nel missaggio profusa da Massimiliano Nevi che molto ha dovuto lavorare sul tanto materiale emerso dalle session di registrazione, dando concretezza ad uno fra i più bei dischi pubblicati finora in questo 2012. E non solo in territorio italiano. La consonanza fra l’elemento cruciale che per larga parte costituisce il nostro corpo e quello che dona colore e vita al nostro pianeta, sembra porsi al di sopra di altre verità chimiche che pure ci circondano: quella degli Epsilon Indi è una musica che si rivela come una Quinta Essenza, ossia come una materia sottile che sottende e da senso ad aria, acqua, fuoco e terra e che fonda una modalità per dischiudere la sua esistenza alle mutevoli suggestioni offerte dall’ispirazione ma anche per dare forma e sostanza ad intuizioni e a panorami immuni da condizionamenti temporali...

Stefano Fasti, STORIA DELLA MUSICA.it, Settembre 2012




La prima volta che ho ascoltato Wherein we are water, ottava fatica degli Epsilon Indi (prodotta da BitBazar e distribuita da Audioglobe), [...] mi sono sentito un astronauta all’interno della sua capsula spaziale a osservare da un oblo l’universo intorno, con la terra a far la parte di un foruncolo in un mare di pece e di pace. Di questo gruppo non sapevo nulla, non avevo mai sentito nulla e l’incontro con la loro scelta stilistica, sempre differente di brano in brano, è stata una scoperta piacevole, coinvolgente e talmente al di fuori degli schemi della musica italiana che conosco, prog escluso, da lasciarmi quasi sconcertato per il fatto che fosse fatta da italiani.

Andrea Broggi, SOUNDMAGAZINE.it, Settembre 2012




...va subito detto, è un lavoro discografico di tutto rispetto. Descrivere in poche righe il percorso artistico di questa notevole band sarebbe arduo e quanto mai riduttivo: mi limiterò ad osservare quanto sia improduttiva e persino bizzarra l’italica mania di ricercare emozioni e bellezza al di fuori dai confini nazionali, quando si potrebbe godere di alcune gemme di rara grazia che crescono direttamente nell’orticello di casa...

Massimiliano Locandro, IMPATTOSONORO.it, Settembre 2012




La recensione in 10 parole:Concettuale (ruota attorno al tema dell'acqua), notturno, sfaccettato, svariati riferimenti musicali (da Brian Eno ai The Cure passando per Rachel Unthank e Divine Comedy), cantato in inglese, riccamente arrangiato (la voce di Alessandro Bruno si intreccia meravigliosamente a pianoforte violino e archi), alternanza (tra brani lenti e veloci), romantico (ideale come colonna sonora), ricco (di tracce strumentali), gradito (come è per noi il ritorno degli Epsilon indi).

Roberto Conti, ASAPFANZINE.it, Settembre 2012




E’ difficile affrontare una recensione del disco rispettando i canoni consueti della musica, in quanto gli Epsilon Indi costruiscono quelli che possono essere definiti percorsi creativi, prima ancora di essere musicali. Prima di affrontare l’analisi di quest’ultimo lavoro, è necessario recuperare i contenuti fondamentali del background della formazione. Dagli inizi degli anni Novanta fino all’inizio degli anni Duemila, gli Epsilon Indi si sono dedicati a spettacoli e concerti in molti teatri prestigiosi d’Italia. La loro musica combacia perfettamente con il mondo delle soundtrack e, proprio le colonne sonore sono un territorio fondamentale per loro. Il mondo degli spettacoli, del teatro, dei concerti sembra essere proprio ciò che rende gli Epsilon Indi una formazione particolare. Gli ultimi dieci anni hanno visto, di nuovo, la formazione protagonista di colonne sonore di film, fra cui “Quando una donna non dorme” di Nino Bizzarri, “Animali che attraversano la strada” di Isabella Sandri e molti altri ancora; documentari, colonne sonore, progetti, spettacoli di danza e teatro che hanno arricchito il background della formazione che può vantare una esperienza di tutto rispetto...

MELODICAMENTE.com, Settembre 2012




...Brani strumentali e pezzi cantati in inglese si alternano a suite dalle soddisfacenti durate che vanno ben oltre i canonici tre o quattro minuti, con una generosità di atmosfere che arrivano all’apice quando sull’ultimo pezzo in scaletta una bianca figura velata, scalza e piegata, compie lente evoluzioni tra il pubblico, svelando mentre fluisce via un volto bianco gesso ed una sfera di luce sollevata nella mano destra come l’ideale fiaccola portata dalla libertà che si leva sull’oceano armonico di un solenne pezzo strumentale dalle potenti percussioni...

Antonella Tocca, OUTSIDERSMUSICA.it, Settembre 2012




...Ottima, in questo senso, la decisione di aderire al loro concept con stoica volontà artistica, unendo allo schema del noise rock alternativo italiano una spiccata – preponderante, si osa dire – anima [..], ieratica e solenne come solo i Dead Cand Dance sanno essere, al tempo stesso placida e contemplativa come la Enya più sommersa nel suo “Watermark”. Nel mezzo, umori jazz (“Just A Game”), ballate essenziali piano, archi e voce (“Shine”) e, perché no, l’immancabile evasione wave ottantiana (“Unreal”)...

Fabio Rigamonti, SPAZIOROCK.it, Ottobre 2012




..."We were water" probabilmente è il pezzo più bello di questo dischetto, da perdercisi dentro mille volte e altre mille ancora e "Ocean lullaby", poetica fin dal titolo, non può che esserne l'ideale prosecuzione che non abbandona da un abbraccio onirico. [...]Non li conoscevo e me ne rammarico. Un album bellissimo destinato ad ogni ascoltatore attento e tutt'altro che superficiale. Complimenti a questi pezzi da novanta di bravura compositiva e strumentistica.

Fabio Meschiari, ONDALTERNATIVA.it, Ottobre 2012




...Le mie percezioni portano a conclusioni chiaro/scuro, l’invernata alle porte accende l’irrefrenabile voglia di consumare il disco nel lettore, forse non sarà dark wave ma poco ci manca. L’acqua è elemento fondamentale per la riuscita dei pezzi, l’acqua è libertà di azione in quanto (parole loro) prende la forma del contenitore lasciando intatta la propria fisionomia. Gli Epsilon Indi cercano di spaziare il più possibile in “Wherein we are Water” cercando di non catalogarsi per non spegnere la voglia di sperimentazione continua pur mantenendo i loro caratteri iniziali, sempre la stessa tela dove si buttano colori scuri in continuazione. Poi ballate romantiche come “We are Water” brano che dà il titolo all’album e pezzi strumentali come “Ocean Lullaby” rendono variegato l’intero complesso artistico. La novità è che questa volta si decide di cantare in inglese per armonizzare meglio la voce con la musica, di questo si potrebbe discutere ma le scelte personali sono personali e il risultato di certo non porta loro nell’errore, la scelta sembra essere molto valida, il suono di questo disco richiede anche questo...

Riccardo Merolli, ROCKAMBULA.it, Ottobre 2012




Il disco ruota attorno a questo concetto dipanandosi lungo armonie liriche e avvolgenti, che rimandano alle sonorità prodotte da Brian Eno e Sufjan Stevens, così come a certe arie melodiche proprie dei Cure.

Fabio Lanutti, LASCENA.it, Ottobre 2012




...Questo lavoro risulta così pieno di sfaccettature e riflessi che collocarlo in un genere sarebbe forse forviante: la musica ed il linguaggio per immagini degli Epsilon Indi sono semplicemente la musica ed i segni del nostro tempo, amati, digeriti, assimilati e rielaborati a tal punto da diventare altro...

RADIOWEBITALIA.it, Settembre 2012

 

 
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